L’amministrazione Trump mette nel mirino la Turchia per possibili sanzioni economiche. La moneta di Ankara (TRY), tra le valute che più si sono deprezzate in questo 2018, perde oltre il 2% in un solo giorno contro il biglietto verde (USD) arrivando a sfondare l’importantissima resistenza delle 5 lire turche per dollaro.
Le sanzioni, la cui lista di obiettivi da colpire starebbe venendo stilata in questo momento, erano state in qualche modo annunciate già qualche tempo or sono dal Presidente Trump stesso su Twitter e sarebbero giustificate come forma di ritorsione economica nei confronti della Turchia per la detenzione, definita da Trump stesso come crudele e illegittima, del pastore Andrew Brunson.
Quest’ultimo è un cittadino americano accusato di terrorismo e spionaggio per i fatti relativi al mancato colpo di stato del 2016, in cui l’apparato militare del paese a cavallo tra Europa e Asia cercò di deporre Erdogan, senza però riuscirci e dando il pretesto a quest’ultimo per iniziare un’epurazione dello Stato da tutti quelli a lui non assolutamente fedeli e la lenta ma costante trasformazione in senso sempre più autoritaria del governo del paese.
Queste accuse, per Washington, sono ovviamente infondate e solo un pretesto per accanirsi contro un non musulmano. Sebbene la Turchia faccia parte della Nato, e sia pertanto su carta alleata degli Stati Uniti, la situazione potrebbe degenerare sempre di più e andare su un piano di credo religioso, altamente sensibile e pericoloso.
Trump, infatti, già pensa alle elezioni di midterm e a quelle presidenziali del 2020. Per vincerle deve assolutamente riconfermarsi tra il suo elettorato negli stati storicamente repubblicani che vedrebbero come fumo negli occhi una possibile debolezza del Presidente su questa questione.
Dal canto suo Erdogan, seppur rieletto da poco, si trova ad affrontare dinamiche di politica interna molto simili e non può certo darla vinta a Trump di fronte ad una base a sua volta fortemente radicalizzata all’Islam. Gli ingredienti per una possibile escalation della situazione ci sono tutti e a farne le spese maggiori sarebbe sicuramente la Turchia e la sua valuta, che potrebbe arrivare anche a 6 dollari per fine anno.
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