La moneta unica (EUR) mette a segno due giorni di discreti rialzi nei confronti delle principali valute mondiali, dopo le parole del Capo Economista di Francoforte Peter Praet. Nello specifico la figura di spicco della Banca Centrale Europea ha definito come “altamente probabile” che la fine del programma di Quantitative Easing venga annunciata già in seguito all’ormai prossima riunione di politica monetaria che si terrà occasionalmente in “trasferta” a Riga, in Lettonia.
Il mercato ha reagito facendo subito impennare l’euro, che contro il dollaro (USD) riagguanta quota 1.18, prezzo a cui le due principali valute mondiali non venivano scambiate dal 22 maggio. Inoltre, il mercato sembra prezzare sempre con maggiore probabilità anche il primo rialzo dei tassi entro l’estate 2019. Infine, per la successione a Mario Draghi, sembra prendere sempre maggior consistenza l’ipotesi Weidmann, attuale governatore della Deutsche Bundesbank.
Gli ultimi sviluppi politici in Italia, nonché il cambio di governo in Spagna, sembrano aver di fatto spostato le preferenze anche della Francia di Macron verso il candidato di Berlino. Questo cocktail esplosivo di notizie non poteva che sortire l’effetto a cui assistiamo sulla moneta unica; inoltre, come spesso accade in queste situazioni, anche i rendimenti dei titoli di stato della zona euro si stanno rialzando, col Bund a dieci anni oltre quota 0.5%.
L’incertezza sulla situazione politica italiana aveva spinto molti trader a scommettere su un’uscita più cauta dal programma QE, che, lo ricordiamo, ha superato quantitativamente altri programmi simili messi in atto dalle altre banche centrali del mondo.
Nell’ultimo report della BCE si evidenzia come il totale dei bond acquistati, che include minoritariamente anche debito di tipo corporate di società con sede nella giurisdizione monetaria della BCE, abbia raggiunto i 4500 miliardi di euro e abbia superato il 40% del PIL dell’eurozona annuale.
Per quanto riguarda il dollaro c’è da sottolineare come le aspettative per un ulteriore aumento dei tassi mercoledì prossimo, giornata di riunione monetaria anche per il FOMC, siano leggermente scese, anche per via della diminuzione del prezzo del petrolio sprofondato a 65$ che potrebbe contribuire a frenare il rialzo delle aspettative sull’inflazione.
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