Quest’oggi ci concentreremo di nuovo su due valute che sono sotto i riflettori degli investitori internazionali e fanno segnare performance, purtroppo negative, di rilievo. La prima è la lira turca (TRY), di cui abbiamo trattato molte volte per via dell’instabilità e delle forti oscillazioni a cui è sottoposta da alcuni mesi. Anche oggi ci troviamo di fronte ad una performance molto negativa, ormai la consuetudine per la valuta di Ankara. Sia contro l’euro (EUR) che contro il franco svizzero (CHF) la perdita è di circa l’1.5% in una sola giornata.
A provocare la fuga degli investitori dalla moneta euroasiatica i dati sull’inflazione, che sta galoppando senza alcun freno. Infatti, nella giornata di oggi, sono stati rilasciati i dati sia sul CPI, il Consumer Price Index, che è salito al 15.39% annuale sia sul PPI, il Producer Price Index, che è arrivato a superare il 23% annuale. Entrambe le misurazioni indicano un’inflazione al massimo da 14 anni a questa parte e fanno temere per la solidità economica dello Stato.
Gli investitori continuano ad essere nervosi e scettici, mentre si attende con trepidazione la nomina da parte del neo eletto presidente Recep Tayyip Erdoğan del team economico del nuovo esecutivo. La Banca Centrale del paese, dal canto suo, ha innalzato il costo del denaro di ben 500 punti base dall’inizio dell’anno, ma sembra non essere in grado di bloccare il circolo vizioso che si è instaurato tra andamento dell’inflazione e del cambio valutario.
Anche lo yuan cinese (CNH) è sotto pressione quest’oggi, perdendo circa lo 0.8% contro il dollaro (USD) rispetto a ieri. In questo caso a pesare sono le minacce di nuovi dazi posti dall’amministrazione Trump, tema, peraltro, che sta condizionando gran parte dei cross valutari mondiali (come ad esempio il peso messicano (MXN), di cui abbiamo trattato ieri).
La Banca Centrale Cinese, la PBOC, ha assicurato, comunque, che non userà lo strumento del cambio valutario come arma, a differenza di quanto fatto in passato. Questa affermazione va letta come favorevole per lo yuan sul lungo periodo e sta limitando già da ora le perdite perché implica che non si ricorrerà allo strumento delle svalutazioni competitive.
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