Fondata in Russia nel 1993, la compagnia petrolifera Rosneft ha tuttora la sua sede principale nel centrale distretto di Balchug, a Mosca, proprio in prossimità del Cremlino. Il motivo di tanta vicinanza al centro di potere russo è dovuto proprio al fatto che lo stesso Governo è azionista di maggioranza della società. Si tratta di un progetto di ampio respiro intrapreso ormai oltre vent’anni fa da Mosca, e che si è consolidato negli anni grazie a una saggia e a lungo progettata politica di annessione: nel 2000, dopo aver acquisito tutte le attività della rivale Yukos, la Rosneft era già considerata la prima industria del comparto petrolifero dell’intera Nazione (la Russia a sua volta tra i maggiori estrattori di petrolio al mondo). Quindi nel 2013, con una maxi operazione da 55 bilioni, la Rosneft acquisì l’altrettanto importante TNK-BP, diventando da allora la più grande società petrolifera mai quotata.
Leader mondiale del settore greggio, la Rosneft rimane tuttora tra i maggiori attori del comparto, dimostrandosi sempre all’avanguardia a tutti i livelli della produzione di oro nero: dall’esplorazione, perforazione ed estrazione necessarie per ottenere la materia prima fino alla più complessa raffinazione, esportazione e quindi distribuzione. Un colosso da oltre 50 miliardi di euro in grado di produrre 4 milioni di barili ogni giorno, grazie a una capillare diffusione globale che comprende oltre agli enormi territori russi anche impianti in Kazakistan, Algeria, Venezuela, Brasile, Stati Uniti, Canada, Norvegia, Italia e Cina. Un brand solido e rodato insomma, che inoltre ha di recente vissuto con entusiasmo le ultime scelte del neo Presidente americano Donald Trump, accusato peraltro di essere appunto in convenienti intese con il Governo russo. A prescindere da queste supposizioni comunque preferiamo limitiarci ai fatti, come sempre, osservando l’ottimo momento in borsa del titolo Rosneft, al momento in rialzo del 2,02% a 328,70 rubli, ovvero 5,467 euro ad azione.