Il biglietto verde perde leggermente terreno sui mercati internazionali per via delle continue tensioni sui dazi imposti dall’amministrazione Trump. Sebbene questa notizia sia ormai di qualche tempo or sono, sembra ora che la Cina, la principale destinataria di questi nuovi dazi, abbia deciso di reagire con forza imponendo anch’essa dazi sui prodotti di importazione dagli Stati Uniti. Inoltre, proprio nelle ultime ore, la Federazione Russa sembra essersi allineata anch’essa alle posizioni russe.
Gli economisti, alla luce di questi nuovi sviluppi, hanno rivisto a ribasso le stime per la crescita globale e, soprattutto, per gli Stati Uniti. E’ facile capire, pertanto, che il biglietto verde sia debole nei confronti delle altre principali valute, tra queste in special modo l’euro e lo yen giapponese.
Il cross USD/JPY è sceso fino a quota 105, prima di risalire oltre quota 106: gli investitori tendono a comprare yen in situazioni di crisi, premiando la valuta nipponica come bene rifugio. Le politiche dell’attuale amministrazione di Washington secondo molti sembrano in qualche modo minare il ruolo del biglietto verde come moneta di riserva internazionale; gli ultimi dati sembrano mostrare che la percentuale delle riserve globali detenute in dollari sia scesa sotto al 63%, a discapito soprattutto dell’euro.
L’indice composito ISM sull’attività manifatturiera degli States ha mostrato il 2 Aprile che, sebbene la crescita degli ordinativi e dei prezzi sia robusta, ci sono segnali che fanno pensare che non possa essere ancora di lunga durata. Gran parte di essa, infatti, si è registrata nei settori come l’acciaio e l’alluminio e indica come molte aziende stiano facendo incetta di questi beni, facendone crescere i prezzi, prima che i dazi entrino effettivamente in vigore (cosa che è ormai sicura).
Di positivo per chi volesse scommette su un rafforzamento del dollaro c’è l’ulteriore rafforzamento del mercato del lavoro con la disoccupazione ai minimi storici, che, addirittura, inizia a preoccupare per gli effetti di freno all’output economico che potrebbe generare. Questo elemento potrebbe giocare un ruolo decisivo nella prossima riunione della Fed per spingere su una ulteriore stretta dei tassi, che il mercato continua a vedere nell’ordine dei 3 ritocchi da un quarto di punto per il 2018.
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