A monopolizzare le notizie internazionali di oggi ci pensa la Turchia, dove nella giornata di ieri si sono tenute le elezioni politiche generali che si sono concluse con la riconferma della classe dirigente attuale e del primo ministro Recep Tayyip Erdogan. Le elezioni hanno visto una massiccia partecipazione della popolazione, vicina al 90%. Il “sultano”, comunque, vede calare la propria approvazione elettorale fermandosi al 53% dei consensi, meno che nelle scorse tornate elettorali. La lira turca (TRY) si rafforza sui mercati del Forex, il cross contro il dollaro scende fino a 4.59 con un apprezzamento di quasi il 2%.
Nel corso della notte, però, la valuta di Ankara cede parte dei guadagni, forse anche per via del risultato non numericamente schiacciante del partito di Erdogan. L’opposizione, infatti, sta denunciando brogli e il vantaggio striminzito dei vincitori certo non aiuta a calmare queste voci o a calmare i bollenti spiriti dei perdenti. Per il “sultano” si profila un mandato di cinque anni con poteri quasi assoluti, ma in un Paese sempre spaccato a metà. Per il nuovo esecutivo la priorità sarà l’economia dopo il crollo della lira turca che negli ultimi due mesi ha perso il 20%. Con le nuove prerogative, Erdoğan ha già annunciato di voler mettere sotto controllo le politiche della Banca centrale, rischiando però così un pericoloso braccio di ferro coi mercati.
Intanto nella sessione asiatica nella notte lo yen giapponese (JPY) ha registrato guadagni generalizzati. A pesare probabilmente sono i nuovi segnali di rischio che ci sono sui mercati, col differenziale di rendimento tra titoli di stato a breve e medio termine a nuovi minimi storici, segnale di possibile recessione imminente. Anche i mercati azionari mondiali non hanno di certo brillato nella seduta di venerdì scorso, con molti settori in rosso.
Le rinnovate minacce protezionistiche di Trump, che adesso hanno preso di mira, dopo l’acciaio e l’alluminio, il comparto auto, hanno fatto sprofondare gran parte dei gruppi automobilistici non americani e rischiano di incidere sulla crescita globale. La valuta del Sol Levante, da sempre considerata uno dei maggiori beni rifugio al mondo, reagisce, perciò, positivamente a tutti questi fattori.
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