Dopo la nottata letteralmente di fuoco appena trascorsa, che ha visto gli Stati Uniti lanciare 59 missili Tomahawk contro la base siriana di Al Shayrat come risposta alla brutale strage di Khan Sheikhoun dove 80 persone hanno perso la vita, la tensione sociale ed economica globale è oggi più alta che mai. Una scelta radicale del neo presidente Donald Trump, che getta ombre lunghe sui prossimi mesi e che soprattutto sta già dividendo le Nazioni tra chi si schiera a favore e chi contro la risposta decisa degli Usa. Gran Bretagna, Giappone, Israele, Arabia Saudita e Turchia hanno mostrato il loro sostegno al tycoon americano già in mattinanta, e anche dal Vecchio Continente non sono mancate, tra lo stupore generale, voci importanti a favore degli Usa come quelle di Angela Merkel e Francois Hollande. Aspre critiche sono arrivate invece da Iran e soprattutto Russia: il disgelo storico a cui l’amministrazione Trump sembrava aver preparato il terreno sta ora crollando di fronte alla scelta di attaccare apertamente un alleato russo, mentre sullo sfondo rimangono i timori e le minacce della Corea del Nord.
L’uragano Trump continua a devastare l’equilibrio dei Paesi e dei mercati, e il primo a soffrire è anche in questo caso ovviamente il dollaro: il biglietto verde in mattinata ha relativamente retto il colpo, mantenendo di fatto le posizioni nei confronti dell’euro ma indietreggiando sullo yen, che insieme al franco svizzero e soprattutto all’oro è stato invece protagonista di un rimbalzo dell’1% sulla chiusura di ieri pomeriggio. Nel complesso comunque il dollaro è salito contro tutte le altre valute, pur se meno del previsto, mentre la sensazione diffusa rimane quella di un dollaro debole e vulnerabile, ormai soggetto alle scelte del primo cittadino americano. Difficile capire in questo contesto quale possa essere il futuro prossimo del biglietto verde, ma per ora la corsa all’oro, ai bond e allo yen rimane il principale orientamento dei mercati.