I crolli del mercato azionario sono il peggior incubo dei trader, dal momento che possono causare un calo di oltre il 10% dei maggiori indici dei mercati azionari in un solo giorno o due. I crolli delle borse sono imprevedibili e causano perdite devastanti a chi ne resta coinvolto. Trader e azionisti iniziano a vendere in preda al panico nel tentativo di tagliare le perdite, che crescono rapidamente ed esponenzialmente e possono avere effetti più a lungo termine e duraturi. Oggi vedremo quali sono state le più grandi crisi del mercato azionario della storia.
La grande crisi del 1929 (Il crollo di Wall Street)
La più devastante crisi del mercato azionario nella storia degli Stati Uniti iniziò nel settembre 1929 e fu l’evento che diede inizio alla Grande depressione. Il crollo fu preceduto da un boom speculativo a metà degli anni ’20, durante il quale milioni di americani iniziarono a investire attivamente nei titoli azionari.
I “ruggenti anni 20” videro gli americani delle zone rurali spostarsi in massa verso le grandi città, nella speranza di trovare maggiore prosperità. Il mercato azionario sembrava destinato a una crescita infinita, e appariva come un’attraente possibilità per arricchirsi: il Dow Jones Industrial Average aumentò da 63 a 382 punti fra il 1921 e il 1929. Il rapido aumento della domanda verso i titoli azionari ne causò l’inflazione dei prezzi, attirando un numero ancora maggiore di investitori che speravano in guadagni superiori. Al contempo, molti investitori privati ricorrevano a leve elevate: pagavano solo una ridotta percentuale del valore del titolo, prendendo a prestito il resto dei fondi dalle banche. I consumatori stavano accumulando una grande quantità di debiti a causa del credito facile e per questo il mercato reagiva rapidamente ai dubbi sull’andamento futuro con enorme incertezza. Infine, alcuni investitori di lunga data realizzarono che il mercato si era surriscaldato e iniziarono a uscirne.
Il calo del Dow Jones iniziò a settembre e proseguì in ottobre, culminando nella perdita del 12.82% del Black Monday, il 28 ottobre. Il giorno successivo, detto Black Tuesday, le vendite dettate dal panico non fecero che aumentare, con gli investitori che tentavano invano di trovare acquirenti a ogni prezzo possibile. Il declino continuò e l’indice perse un altro 11,73% nella stessa giornata, cancellando i capitali di centinaia di investitori e generando perdite per miliardi di dollari.
Il crollo di Wall Street ebbe un impatto enorme sull’economia americana e i suoi effetti oltrepassarono i confini del paese, colpendo in modo particolare i paesi europei. Di conseguenza, nel 1934 venne istituito un nuovo ente regolatore negli USA: la Securities and Exchange commission (SEC), la quale sviluppò regole e norme atte a prevenire la possibilità che l’evento si ripetesse in futuro.
Il crollo del Black Monday del 1987
La data del 19 ottobre 1987 segna il giorno in cui il Dow Jones Industrial Average ha registrato il calo percentuale più alto in un solo giorno. Perse il 22,6% in un giorno, anche se non ci furono stati eventi particolari a causare il crollo. I potenziali motivi per cui il mercato crollò tanto rapidamente sono considerati il trading computerizzato, l’illiquidità, la sopravvalutazione del mercato e la psicologia del trading.
La crisi non colpì solo gli Stati Uniti: si diffuse in tutto il mondo, con la borsa di Hong Kong che perse il 45,8%, quella australiana il 41,8%, quella britannica il 26,4% e quella canadese il 22,5%.
Nonostante le perdite significative, il mercato si riprese piuttosto rapidamente, dal momento che il problema di fondo era costituito principalmente dalla fiducia dei consumatori e dal trading computerizzato. Nel novembre 1987 il Dow Jones iniziò il recupero e coprì tutte le perdite subite entro il 1989.
La bolla del Dot-Com del 1995-2001
Un altro fra i maggiori crolli del mercato azionario è quello del Dot-Com del 2001. La bolla economica delle società dot-com è esistita tra il 1995 e il 2001 e si è formata a seguito dell’aumento delle azioni delle società legate a Internet (per lo più americane).
Alla fine del XX secolo erano già state aperte molte nuove società legate a Internet, mentre le vecchie aziende stavano cercando di mantenere il passo e di spostare la propria attività anche nello spazio online. Molti investitori fra i più ottimisti erano impazienti di acquistare quote delle società online, sottovalutando qualsiasi fondamentale tradizionale come il rapporto prezzo/utili. Le azioni delle società che offrivano i propri servizi tramite Internet salì alle stelle, mentre i prezzi tanto elevati venivano ampiamente giustificati dagli investitori con l’inizio di una “nuova economia”. Nei 5 anni fra il 1995 e il 2000 il Nasdaq aumentò del 400%.
In realtà, i nuovi modelli di business si rivelarono in gran parte inefficaci e causarono la chiusura di molte società di acquisti online durante la crisi. Gli investitori stavano riversando i propri fondi in società non redditizie, con la speranza che sarebbero diventate milionarie nel prossimo futuro. Sebbene per alcune di queste le speranze si siano avverate, come per Amazon, la gran parte delle società sperperò i propri fondi e non riuscì a gestire la crescita del proprio business. Nell’ottobre 2002, il Nasdaq era calato del 72% dal suo massimo del 2001 e non lo raggiunse di nuovo per oltre un decennio.
La crisi dei mutui subprime 2007-2010
La crisi immobiliare avvenì dopo che gli istituti di credito iniziarono a concedere mutui con tassi di interesse elevati ad acquirenti di case con punteggi di credito bassi, abbassando gli standard generali per le concessioni del credito. Questa disponibilità di mutui attirò coloro che in precedenza non erano ammissibili per un prestito e gli investitori, che acquistarono titoli garantiti da ipoteca ed effettuarono altri investimenti basati su questi cosiddetti prestiti “subprime”.
La crisi si sviluppò quando i mutuatari, gravati da prestiti e debiti, non poterono ripagare i mutui, trascinando in basso i prezzi degli immobili. Gli investimenti fatti sulla base delle opportunità offerte dall’economia in espansione indebitarono fortemente i loro proprietari. Le organizzazioni finanziarie che avevano investito in beni immobiliari fallirono. Il mercato azionario andò in calo e nel settembre del 2008 i principali indici azionari persero quasi il 20% del loro valore.
La bolla immobiliare è spiegata nel film del 2015 The Big Short (La grande scommessa), uno dei film che tutti i trader dovrebbero vedere.
Crollo del Covid-19 del 2020
All’inizio del 2020, la pandemia si era diffusa in Cina per poi spostarsi in Europa, facendo entrare praticamente tutto il mondo in un lungo periodo di lockdown. Tutti sono stati invitati a evitare i luoghi pubblici, ristoranti, musei e teatri sono stati chiusi, i viaggi internazionali sono stati limitati nella maggior parte dei paesi, tutte condizioni preliminari per un declino economico. Le aziende in difficoltà hanno dovuto licenziare i propri lavoratori e alcune, specialmente quelle del settore dei viaggi e dell’ospitalità, hanno chiuso per sempre. Il mercato azionario ha reagito di conseguenza, con il Dow Jones Industrial Average e l’S&P 500 che hanno perso rispettivamente quasi il 13% e il 12% nel marzo 2020.
Al declino è seguita una ripresa, con molte aziende che hanno trovato il modo di passare allo smart working e che hanno adattato i propri servizi alla nuova realtà. I titoli dei settori dell’e-commerce e della tecnologia online sono aumentati, grazie un rapido aumento nella domanda. Tuttavia, le conseguenze della pandemia devono ancora manifestarsi pienamente, poiché molti paesi si stanno ancora confrontando con la nuova realtà.